Con la risoluzione 49/214 del 23 dicembre 1994, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha stabilito che la Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo venga celebrata il 9 agosto di ogni anno. La data segna il giorno della prima riunione, nel 1982, del Gruppo di Lavoro sulle Popolazioni Indigene della Sottocommissione per la Promozione e la Protezione dei Diritti Umani dell’ONU. Nel 1990 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha proclamato il 1993 Anno Internazionale dei Popoli Indigeni del Mondo. Ogni anno l’UNESCO celebra la Giornata, istituita come occasione per valorizzare queste comunità e diffonderne la loro conoscenza, condividendo informazioni su progetti e attività rilevanti per il tema annuale. Le popolazioni indigene vivono in tutte le regioni del mondo e possiedono, occupano o utilizzano circa il 22% della superficie terrestre globale. Con un totale di almeno 370-500 milioni di persone, queste popolazioni rappresentano la maggior parte della diversità culturale mondiale, hanno creato e parlano la maggior parte delle quasi 7000 lingue del mondo. Tuttavia, molti popoli indigeni oggi continuano a confrontarsi con l’emarginazione, l’estrema povertà e altre violazioni dei diritti umani. In particolare, tra le varie istituzioni ONU, l’UNESCO pone le esigenze di queste popolazioni tra le sue aree prioritarie di risposta e attraverso partenariati cerca di sostenerle nell’affrontare le molteplici sfide che devono affrontare, riconoscendo al contempo il loro ruolo significativo nel sostenere la diversità del paesaggio culturale e biologico del mondo. Anche l’UE sottolinea l’importanza di questa giornata, ponendo l’accento sull’effetto che la pandemia ha avuto su realtà particolarmente fragili come quelle delle popolazioni indigeni che li ha colpiti a livello globale, esacerbando l’emarginazione economica e la discriminazione esistenti. Nelle aree di foreste tropicali, gli interessi economici sono spesso prevalsi all’atto della modifica delle leggi, delle politiche e delle salvaguardie sociali e ambientali. La conseguenza è che si assiste a sviluppi allarmanti, come l’aumento dell’esclusione dei popoli indigeni dal processo decisionale, l’espansione dell’attività industriale, l’incremento dell’accaparramento dei terreni e del disboscamento illegale e la recrudescenza della criminalizzazione e della violenza nei confronti dei difensori dei diritti umani dei popoli indigeni. Molti di essi erano donne. La cultura, la lingua, la spiritualità e la politica, le economie e la sopravvivenza dei popoli indigeni sono legate alle loro terre. Il loro rapporto con la natura e le terre ancestrali va onorato. Globalmente contribuiscono alla protezione di circa l’80% della biodiversità. La pandemia ha mostrato chiaramente che è giunto il momento di un nuovo contratto sociale. Il rispetto del principio del consenso libero, previo e informato, la protezione sociale culturalmente appropriata e la conservazione sostenibile degli habitat naturali devono far parte dei piani per la ripresa dalla crisi COVID-19. A tal fine l’UE continua a finanziare una serie di progetti nell’ambito dello strumento europeo per la democrazia e i diritti umani. Nel 2020 l’UE ha inoltre esteso il proprio contributo all’Indigenous Navigator, un sistema open source per la raccolta di dati a livello di comunità e uno strumento per la mappatura guidato dai popoli indigeni. Grazie alle sue relazioni tempestive, costituisce una risorsa inestimabile per valutare l’impatto della pandemia di COVID-19 sui popoli indigeni e prendere in considerazione misure volte a rimediare all’ingiustizia che devono affrontare. Oggi ribadiamo il nostro fermo impegno a costruire e ridefinire un nuovo contratto sociale attraverso una ripresa post-pandemia equa in tutto il mondo, che garantisca il rispetto, la protezione e l’esercizio dei diritti dei popoli indigeni sanciti nella dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei popoli indigeni. I paesi candidati Turchia, Repubblica di Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia e Albania1) e i paesi dell’EFTA Islanda, Liechtenstein e Norvegia membri dello Spazio economico europeo, nonché l’Ucraina, la Repubblica di Moldova, l’Armenia e la Georgia aderiscono alla presente dichiarazione.

 

9 agosto 2021                                                                                                  Alberto Aversano